Come hai lasciato andare la tua Fiamma Gemella?
Come hai lasciato andare la tua Fiamma Gemella? È una domanda che mi viene posta spesso.
Devo essere brutalmente sincera? Non l’ho veramente lasciata andare… Anche perché, in tutta onestà, non credo esista davvero un modo per recidere questo legame. Più che lasciarlo andare ho semplicemente accettato. Ho compreso. Ho capito. Ho integrato tutto ciò che, nello spazio del nostro incontro, dovevo accettare, comprendere, capire … di me e dell’amore.
Quando parliamo di lasciare andare qualcuno non credo sia della persona in sé che stiamo parlando. Quando amiamo davvero, non c’è nulla al mondo che possa spegnere quell’amore. Né il tempo, né la distanza. “Il cuore ha più stanze di un bordello“, diceva Gabriel Garcia Marquez in “Amore ai tempi del colera”.
Possiamo – dobbiamo – allontanarci, quando ci sono delle circostanze fuorvianti, dinamiche tossiche che non sono più di contributo alla nostra crescita e alla nostra evoluzione, mettere dei confini, sani, prenderci cura del nostro spazio sacro per evitare che ciò che si muove all’interno di quel campo possa compromettere la nostra integrità.
Ma quando lasciamo andare qualcuno stiamo in realtà rilasciando il controllo su quella persona, le opinioni, i giudizi e le aspettative, romantiche o meno, che abbiamo riposto nei suoi confronti. Lasciamo andare i sentimenti contrastanti, la rabbia, la frustrazione, il risentimento e accettiamo la situazione così com’è. Perdoniamo. Riconosciamo che non è una nostra responsabilità intervenire, anche se abbiamo visto e desideriamo a tutti costi che incarni il suo meraviglioso, inespresso potenziale intrinseco, che non è compito nostro convincere quella persona a vedere ciò che vediamo noi, a trasformare, evolvere, a crescere o lavorare su di sé, se loro non sono pronti o richiamati a farlo in quel momento.
Quante volte ho peccato di arroganza nei confronti della mia Fiamma, pensando: “Ma come fa a non capire? Come fa a non vedere? Se solo mi permettesse di rimanere al suo fianco, so perfettamente che potrei aiutarlo a stare bene!” E quante volte la ferita del rifiuto – e la conseguente rabbia – tornavano puntualmente a bussare alla mia porta!
Ad un certo punto, mi sono resa conto che questo atteggiamento era del tutto sbagliato, nonché profondamente egoistico.
Primo, perché nessuno aveva effettivamente chiesto il mio aiuto, quindi che diritto avevo, io, per ergermi a salvatrice della patria? Secondo, perché stavo proiettando su di lui una mia ferita, una mia necessità, un mio bisogno: quello di mostrargli il mio valore. Ma non era a lui che stavo cercando di mostrarlo. Alla fine, ero sempre io. Quanto tempo mi ci è voluto per capire che stavo ponendo una condizione dietro l’altra, caricando questo amore di un peso innecessario?
Qualche anno. Tre, per l’esattezza.
Ma è stato esattamente il tempo necessario a ripulire la ferita e rendermi conto che non c’era davvero nulla che potessi fare per cambiare le cose perché non c’era, né c’è mai stato nulla da cambiare! Non c’era nulla che avrei potuto fare o dire perché le cose andassero diversamente: era così che doveva andare ed è così che è andata. Era, ed è, tutto perfetto. Ed è lì che ho smesso di proiettare le mie frustrazioni su di lui, ho re-indirizzato quell’energia su di me, ho posto a me stessa quelle domande e alla fine mi sono lasciata andare. Ho cominciato a capire, ho cominciato a vedere, ho cominciato a rivolgere quell’amore a me stessa e ho accolto la mia guarigione
È così semplice arrendersi, ma troppo spesso i nostri pensieri diventano dei ganci che ci impediscono di abbandonarci al flusso della vita. Arrendersi non significa inaridirsi, rassegnarsi, smettere di amare o di avere fede nell’amore. Arrendersi significa smettere di lottare per cercare conferma fuori del fatto che siamo degni di amore. Gettare le armi e cominciare ad amarsi davvero, da dentro.
Vivendola, però, quella vita, in modo pieno, puro e appassionato, senza attaccarsi all’idea che un giorno quella persona tornerà. Non è quello il punto della separazione. Non significa rimanere in una sterile attesa aspettando che lui faccia il suo, mentre tu fai il tuo in funzione del suo ritorno, senza però realmente vivere. Anche quella è un’aspettativa. La separazione è lo spazio della guarigione e dell’esperienza. È quello spazio di crescita che ci consente di mettere in pratica l’amore Divino che la Fiamma riattiva in te, permettendoti di integrarlo completamente ed espanderlo, creando risonanza intorno a te. Vivere la vita caricando ogni attimo di amore, senza sforzarsi di cercarlo altrove perché l’amore è sempre lì con te e non ti abbandonerà mai. Non lo hai perso, se non altro lo hai ritrovato.
Anche se non siete vicini nello spazio della materia, puoi sentirlo nello spazio eterico. Ricordati che quell’amore non è vincolato alla sua forma fisica o a lui in quanto controparte incarnata. Quell’amore è tuo perché quell’amore sei tu. In ogni tua parte integrata e attivata.
Come ho capito di aver accettato la situazione? Al suo ennesimo “Non posso”, semplicemente, non ho più avvertito rabbia, dolore, struggimento, angoscia. Ho provato un’inspiegabile senso di pace e dentro di me qualcosa ha sussurrato: “Va bene così”. Non riesco a spiegarvi a parole cosa abbia sentito, ma per la prima volta mi sono sentita libera. Non libera da lui o dal legame, libera di poter provare amore indipendentemente dal fatto che lui – o chiunque, per quel che vale – mi riconoscesse o meno.
È così liberatorio poter amare qualcuno senza aspettarsi nulla in cambio. Sapete perché? Perché ti rendi conto che non c’è nulla che l’altro possa darti per farti sentire completə quando tu per primə ti riconosci nella tua interezza. E a quel punto l’amore diventa uno scambio fluido, naturale, leggero, sincero. In quel momento esci dal bisogno ed entri nell’essenza.