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Pranayama, il respiro – Gli otto passi dello Yoga

II.49 Tasmin sati svasa-prasvasayor gati-vicchedah pranayamah

Da qui, il passo successivo è l’espansione dell’energia, il pranayama, che consiste nell’inspirare, nell’espirare e nell’interrompere il flusso

Patanjali ci introduce così al quarto passo dello Yoga, il pranayama. La prima parte del sutra II.49 “Tasmin sati” suggerisce che asana (di cui ho parlato diffusamente in questo articolo) e pranayama siano intrecciati e interdipendenti tra loro: un maggiore controllo del respiro ci permetterà, infatti, di mantenere una postura comoda e stabile. Allo stesso modo, se ci troveremo in una posizione comoda e stabile. sarà più facile per noi respirare senza impaccio.

Pranayama, la conservazione dell’energia vitale

Il pranayama è un concetto molto antico e complesso che appare in moltissimi testi antichi, tra cui il Brahmana, un testo vedico risalente all’XI secolo a.C. Il termine è composto dalle parole prana, l’energia vitale, ciò che è immanente e presente in ogni forma di vita, e ayama, che letteralmente significa “estensione”. Il concetto di pranayama descrive dunque l’estensione, o meglio la conservazione della nostra energia vitale

Nel caso degli esseri umani, il prana viene descritto come qualcosa che fluisce continuamente dentro di noi, inondandoci di energia e vitalità. Nei testi antichi, si dice che le persone confuse, stressate o energicamente scariche, si sentono in questo modo perché la loro energia vitale si disperde verso l’esterno. La quantità di prana all’infuori di noi risulta maggiore quando ci sentiamo poco bene e questo porta a una drastica riduzione della nostra energia interiore. In questi casi, possiamo sentirci stanchi, bloccati, demotivati, a volte addirittura depressi. Se ci rendiamo conto che nel nostro corpo non c’è abbastanza spazio per il prana, molto probabilmente è stato sostituito da energie che lo sopprimono, anziché nutrirlo. 

Il collegamento tra prana, respiro e consapevolezza

In questo senso, il nostro stato mentale è strettamente legato alla qualità del nostro prana interiore. Se riusciamo a influenzare il flusso di prana attraverso il respiro, saremo in grado di regolare la qualità del nostro stato mentale e viceversa. Questo ci riporta al concetto di purusa, la consapevolezza, una delle conseguenze dell’energia pranica. D’altronde, se siamo già a conoscenza di quanto un maggiore grado di consapevolezza sia in grado di influenzare il nostro stato d’animo, automaticamente riconosciamo che il prana sia solo un altro elemento dell’equazione. 

Più siamo felici, maggiore sarà la quantità di prana interiore e dunque migliore sarà il nostro stato mentale. Al contrario, a uno stato di stress, insoddisfazione e infelicità, corrispondono una dispersione del prana e un peggioramento del nostro stato mentale. 

Tutto ciò che succede nella nostra mente si riflette inevitabilmente attraverso il nostro respiro. Quando siamo agitati, il respiro si fa corto e affannoso. Quando siamo rilassati, il respiro diventa lento e più profondo. 

In poche parole, il pranayama ci insegna a conservare la nostra energia interiore, evitando possibili dispersioni verso l’esterno.

Per poter influenzare il nostro prana, dobbiamo prima imparare a influenzare la nostra mente. Le nostre preoccupazioni e le nostre azioni spesso la disturbano, causando proprio la dispersione che invece vorremmo evitare. Dal momento che qualunque cambiamento nei pattern respiratori è in grado di influenzare la mente, il lavoro sul respiro serve proprio a incoraggiare un processo di centratura e radicamento interiori.

Secondo gli Yoga Sutra, quando pratichiamo pranayama, il velo che occlude la nostra mente si fa sempre più sottile, finché non scompare per fare spazio a un sempre più crescente stato di chiarezza, che facilita la mente a immergersi in un profondo stato meditativo.

L’attenzione sul respiro

Il pranayama ci invita a porre la nostra attenzione, dunque, proprio sul respiro. Man mano che diventiamo consapevoli delle inspirazioni, delle espirazioni e delle pause naturali tra un respiro e l’altro, il passo successivo è chiedersi come possiamo mantenere questo stato di consapevolezza. Dal momento che il movimento del respiro è molto sottile e non sempre percettibile, è necessario acuire i nostri sensi e focalizzarci attentamente sul respiro o sulle parti del corpo in cui possiamo osservarlo. Le narici, la bocca, la gola, le corde vocali, il petto. Occorre rimanere in uno stato di allerta e di ascolto, senza necessariamente giudicare o influenzare ciò che accade. 

Desikachar ci dice che il vero obiettivo del pranayama non stabilire una connessione tra inalazione ed esalazione, ma avere modalità diverse di seguire il nostro respiro. Quando lasciamo che questo accada, la mente sarà attratta dalle attività del respiro e non si perderà in inutili divagazioni. 

Il pranayama come superamento della sfera materiale

Patanjali ci spiega che esistono diverse tipologie di pranayama, ma di questo ne parleremo nei prossimi articoli. Mi piacerebbe anticiparti il sutra II.49, in cui Patanjali parla di una quarta tipologia di pranayama, quella che supera i limiti di ciò che è dentro e ciò che è fuori. 

Mi piace pensare che Patanjali volesse dirci che una profonda connessione con il proprio respiro è in grado, in ultima istanza, di sfumare e rendere sempre più labili i confini tra il mondo fisico e quello spirituale. 

Quando siamo totalmente immersi dentro noi stessi, il respiro ci tiene ancorati nel nostro corpo e, al tempo stesso, ci eleva verso un profondo stato meditativo. Corpo e mente si ritrovano intimamente connessi, viaggiano su un’unica frequenza che vibra al ritmo del nostro respiro. 

Non stupisce, dunque, quanto sia importante imparare a comprenderlo e ammaestrarlo, se può aiutarci a raggiungere questo stato ancora più profondo di quiete. 

Il pranayama è un concetto molto complesso, che si ricollega anche alle diverse forme del prana, ad agni, il Fuoco della vita e a tante altre tecniche di respirazione che andrebbero esplorate e approfondite singolarmente, per non rischiare di darne una visione sbrigativa. 

Ecco perché questo è solo il primo di una serie di approfondimenti sul pranayama che spero ti piacerà!
Vorrei concludere questo pezzo con una bellissima citazione di Tirumalai Krishnamacharya, che dice:

Master your breath, let the self be in bliss, contemplate on the sublime within you

Namaste!

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