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Asana, la cura del corpo – Gli otto passi dello yoga

La pratica degli asana è il terzo passo sulla via della libertà descritta da Patanjali. Se Yama e Niyama ci insegnano a osservare un sincero ascolto interiore, gli Asana ci invitano a purificare il nostro corpo per raggiungere uno stato di profonda quiete e stabilità.

Vediamo cosa ci dice Patanjali nel sutra II.46:

Sthira-sukham asanam

La postura [del nostro corpo] deve essere stabile e confortevole

Ti rivelo un segreto.
Nonostante la pratica dello yoga, almeno in Occidente, ruoti quasi interamente intorno agli asana, il termine compare raramente nelle scritture antiche. Patanjali stesso, negli Yoga Sutra, non ne esplora a fondo il significato, lasciandoci con appena tre sutra e otto parole sull’argomento. Questo non significa che Patanjali lo considerasse un passaggio meno importante. Piuttosto, è possibile che esistessero già dei testi specifici sull’argomento, probabilmente non sono sopravvissuti alla sfida del tempo.

Gli asana nella tradizione classica

Originariamente, il termine asana si riferiva a una serie di posture propedeutiche alla meditazione. Per questo motivo, è molto importante assumere una postura comoda, stabile e rilassante. È più facile entrare in uno stato meditativo quando il nostro corpo non fa alcuna resistenza.

In poche parole: la funzione degli asana per la tradizione yoga classica è quella di allenare il corpo in modo che non disturbi o non distragga in alcun modo la mente dello yogi quando è seduto in meditazione.

Mindblown? I know, right?

I primi resoconti sugli asana arrivano nel V secolo, Vyasa ne cita dodici. Più tardi, nel XIV secolo, Hathayoga Pradipika parla di 84 posizioni insegnategli da Shiva, “di cui padmasana è la più comoda” (…su questo avrei qualcosa da ridire!). Altri commentatori affermano che Shiva ne abbia solo scelti 84 da un campionario di 8.4 milioni, dal momento che “esistono tanti asana quante specie nel mondo”.

Ad ogni modo, anticamente, la maggior parte delle prime posizioni, erano per lo più posture da seduti e servivano a preparare lo yogi alla meditazione.

Ritrovare la quiete dentro di noi

Patanjali ci fornisce un’unica indicazione: mantenere una postura stabile e comoda.

Perché? Nel momento in cui portiamo l’attenzione sul fastidio o sul dolore, la mente ci ancora alla dimensione corporea, impedendoci di elevarci verso quella spirituale. A questo proposito, mi viene in mente quella volta in cui, durante una classe di yin yoga, l’insegnante ci disse: “Yoga is also finding your own way through discomfort”.

Lo yoga significa anche farsi strada attraverso il disagio. Fare i conti con la sensazione di discomfort, comprenderlo, accettarlo, per poi lasciarlo andare e proseguire verso nuovi stadi di consapevolezza.

Allora perché pratichiamo gli asana?

Lo yoga considera il corpo come un tempio, la cui cura rappresenta un passaggio importante della nostra crescita spirituale.

La pratica degli asana ci permette di conquistare la concentrazione e la disciplina di cui abbiamo bisogno in meditazione. Un concetto non molto lontano dal mens sana in corpore sana della tradizione latina. La cura del corpo attraverso il movimento, attraverso gli asana, significa creare un luogo sano e tranquillo per la nostra mente.

Dal momento che l’obiettivo finale è Samadhi, l’unione con il Tutto, è importante che anche il corpo sia pronto, e non solo la mente. Se il corpo sarà teso, stanco o affaticato, sarà ancora più difficile raggiungere uno stato di connessione autentica, rimarremo vincolati al nostro dolore fisico.

Il corpo e la mente non sono due entità separate, ma interconnesse e interdipendenti l’uno dall’altra. A volte ce ne dimentichiamo. Come pretendiamo di raggiungere uno stato di quiete mentale, se il nostro corpo è in sofferenza? Allo stesso modo, come possiamo aspettarci una reazione positiva dal nostro corpo, se la mente non fa altro che produrre pensieri negativi e malsani?

La parola chiave, come in tutte le cose, è: l’equilibrio. Raggiungerlo e mantenerlo.

Come vedi, alla fine la pratica degli asana non ha nulla a che vedere con la flessibilità o con l’abilità di eseguire una bella verticale sulla testa. Patanjali non dà delle indicazioni precise, ci invita solo a essere stabili (con la mente) e comodi (nel corpo). Equilibrio.

Cosa rappresentano gli asana per me

I testi sacri sono dei punti di riferimento dal valore inestimabile per uno yogi. Eppure, per me la pratica rimane qualcosa di estremamente personale. Ognuno, alla fine, è libero di trarre gli insegnamenti che più si adattano alla sua visione della vita, delle cose.

Per come la vedo io, gli asana aprono un portale d’accesso alle mie energie interiori. Parto dal presupposto che tutto sia già dentro di me, in potenza. Il movimento del corpo aiuta semplicemente a rimettere in moto i prana, le energie interiori, e a renderle manifeste, consapevoli.

Ricordati sempre questo: la pratica riguarda te e te soltanto. Non esistono leggi assolute. Si tratta del tuo corpo, della tua mente e delle tue energie. Tutto ciò che conta, è come ti senti tu durante la pratica e in che modo lo yoga ti aiuta ad allinearti con te stess*.

Find your own way through discomfort

Fonti:
8 Limbs of Yoga – Asana
The Yoga Space – Asana the third limb of Patanjali’s Eight Limbs of Yoga
The Yoga Sutras of Patanjali – Edwin F. Bryant

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